“Gli edifici sono responsabili del 40% del consumo finale di energia nell'Unione e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra associate all'energia, mentre il 75% degli edifici dell'Unione è tuttora inefficiente sul piano energetico”. È questo uno dei “considerando” contenuti nella Direttiva Green recentemente approvata in via definitiva dal Parlamento Europeo e sulla quale ormai manca poco alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. L’art. 8 (Edifici esistenti), nel definire le misure necessarie per garantire che la prestazione energetica degli edifici, o di loro parti, destinati a subire ristrutturazioni importanti, sia migliorata al fine di soddisfare i requisiti minimi di prestazione energetica fissati, conferma la necessità per gli Stati membri di prendere in considerazione le questioni: Risulta, adesso, chiaro che per attuare un piano di riqualificazione energetica, gli Stati membri dovranno necessariamente prendere in considerazione le peculiarità dei loro territori. Fatta questa dovuta premessa, e ricordando gli obiettivi della Direttiva Green, la prima domanda che tutti dovremmo porci è: in che modo l’Italia potrà far fronte ad un obbligo non più rinviabile? Una domanda difficile che dovrebbe portare ad una previa riflessione: Relativamente allo stato di salute del patrimonio immobiliare italiano si potrebbe partire dalla considerazione che ad oggi il 61% degli edifici è in classe F o G. Un dato che dovrebbe essere accompagnato da altri: Per quanto riguarda, invece, il quadro normativo che regola l’edilizia e l’urbanistica, il discorso è più ampio e complesso. Dal 2001 (con entrata in vigore nel 2003), l’Italia si “pregia” di avere un “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, il d.P.R. n. 380/2001 ovvero una raccolta ragionata, rivisitata e corretta di norme risalenti nel tempo. Il d.P.R. n. 380/2001 è arrivato in una fase espansiva dei nostri territori. Oggi questa fase non esiste più. Lo sanno i tecnici, le imprese e la politica. Da anni le parole chiave nell’edilizia sono “recupero” e “ristrutturazione”. Parole che dovrebbero rappresentare la chiave di volta per un ipotetico quanto auspicato nuovo Testo Unico Edilizia. Arriviamo adesso all’ultimo punto che riguarda i sistemi incentivanti ovvero un tema dibattuto sul quale negli anni si sono sempre scontrate due fazioni contrapposte: In realtà, come spesso accade, la verità sta nel mezzo, perché se è vero che senza gli incentivi l’edilizia arranca, è altrettanto chiaro che avere dei sistemi incentivanti con orizzonte annuale rappresenta un booster che, finiti il suoi effetti, crea forti scompensi economici e sociali. Proprio per questo motivo, a maggior ragione con la Direttiva green alle porte, si dovrebbe cominciare a parlare di sistemi incentivanti strutturali o con orizzonte temporale almeno decennale. Da dove partire? La risposta più immediata dovrebbe essere “dall’esperienza maturata negli ultimi anni” in cui nel comparto delle costruzioni, tra gli altri, sono intervenuti: Ed è proprio sul D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio) che si dovrebbero fare le riflessioni più profonde, soprattutto in considerazione della quantità di interventi che hanno coinvolto tecnici, imprese, commercialisti, avvocati, Enea, Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza… Se dall’esperienza maturata occorre partire, quella che riguarda soprattutto il superbonus e la cessione del credito è davvero enorme (nel solo superecobonus sono 480.815 le asseverazioni e oltre 114 miliardi di euro le detrazioni maturate per lavori conclusi in meno di quattro anni). Per approfondimento su: La Direttiva green e gli obiettivi degli Stati membri
Lo stato di salute del patrimonio immobiliare e il quadro normativo edilizio
Sistemi incentivanti
https://www.lavoripubblici.it/news/superbonus-cessione-credito-esperienza-fallita-punto-ripartire-32...